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23/05/2012

A me i tre oci – parte II

Scrivo a caldo, di ritorno dal workshock di Venezia, perché non voglio assolutamente dimenticare questa sensazione.

Poche le parole che possono aiutarmi a descriverla.                                                                                                                                                                                 Destabilizzante

Gran parte di quello che avevo la presunzione di sapere, di conoscere, di vedere era un castello di carte che un soffio consapevole ha smosso come si fa con una sigaretta durante un gioco di prestigio, una sera a cena.

Non mi riferisco solo al mio modo di fotografare ma di essere, che è come dire la stessa cosa. Entrambi coperti da macerie di sovrastrutture e dogmi innaturali, fasulli, indotti. Paure e auto-compiacimenti. E lì, sotto a tutto, c’è l’immaginazione, la sensibilità, ci sono IO che “non sono solo come sono”. 

Benedusi come Copernico, e il sole finalmente al posto giusto. O come l’osteopata (grazie Gianluca!) che, con fermezza, raddrizza la mia postura e il mio divenire. Chi non l’ha visto agitarsi con passione, chi non l’ha sentito gridare all’improvviso provocando il reale “sconvolgente”, chi non l’ha ascoltato raccontare non potrà capire fino in fondo le mie parole e mi scambierà solamente per un’idolatra.

La verità è che, se ci fossero più insegnamenti come i suoi, non solo esisterebbero meno “fotografi” e più Fotografie, ma persino il mondo girerebbe per il verso giusto. Sincerità, onestà e semplicità, con sé prima e poi con gli altri. La più antica ed essenziale delle lezioni, in ogni attività umana, talmente disarmante da essere volentieri trascurata.

Non abbiamo discusso di bellezza, abbiamo scattato come in analogico (una sessione di 36 immagini con cartoncino a coprire il display), abbiamo parlato di storie e racconti, del perché fotografare. Perché? Quasi più nessuno se lo chiede, in quasi tutto ciò che fa, dicendo: “tanto, la nuova di poi e oltre attraverso i cavalli”.

Non dirò di più, non voglio ridurre oltre l’esperienza vissuta durante questi due giorni sulla laguna. Ognuno dovrebbe provarla sulla propria pellicola.

Grazie ai Tre Oci per l’opportunità, a Silvia per averci accompagnati, ai miei 9 compagni di viaggio per le loro visioni; grazie ad Arianna e Magena per essersi rivelate, e grazie a Settimio, che è stato il rieducatore dei nostri occhi e dei nostri pensieri.

(rielaborazione cortesemente concessa dal Fotografo Settimio Benedusi)

settimio_benedusi_copernico

Omaggio a Elliott Erwitt di Settimio Benedusi

Omaggio ad Elliott Erwitt di Benedusi

Comments

  1. Andrea Rossi

    Condivido ogni singola parola! :-)

  2. silvia

    Confermo tutto quanto scrivi. E’ stato un piacere potere esserci e condividere tutto questo!

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